RICCARDO BURIGANA – Alla scoperta dell’unità. Il dialogo ecumenico nel XXI Secolo – Pazzini, Villa Verrucchio 2023, pp. 174, € 18,00.

da Rassegna di Teologia (1/2024)

di Carlo Lorenzo Rossetti

Questo breve libro di R. Burigana – «pensato per l’Italia e con una particolare attenzione al magistero della Chiesa Cattolica sull’unità» (173) – è benvenuto perché espone in poche pagine lo stato dell’arte dello sforzo ecumenico in questa prima parte del XXI secolo. L’A. è un appassionato ecumenista, docente a Firenze, ma anche in Brasile (Recife) e direttore del Centro Studi per l’ecumenismo in Italia. Il volume propone un survol su «quanto detto, scritto e fatto negli ultimi decenni in una prospettiva storico-teologica» e si articola in dieci capitoli. Dapprima si presentano le «Figure», ovvero i pionieri, i costruttori, i martiri e i santi: si citano qui personalità come N. Söderblom, P. Florenskij, D. Bonhöffer, F. Metzger, Athenagoras, Y. Congar, A. Bea, fr. Roger Schutz, C.M. Martini e tanti altri che hanno posto le radici o dato impulso al movimento ecumenico. Seguono gli «Eventi», fra i quali si ricordano in particolare la Conferenza di Edimburgo (1910) e quella di Amsterdam (1948), la svolta cattolica impressa dal Vaticano II e poi, più vicino a noi, la commemorazione del 500° anniversario della Riforma luterana a Lund nel 2016. Il cap. 3 si intitola «Luoghi» (ma forse meglio sarebbe dire “Istituzioni”) e presenta brevemente il vaticano Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, il ginevrino CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese), ma anche i Consigli di Chiese cristiane ai vari livelli geografici, continentali, nazionali, regionali e locali, e infine le “Federazioni e Comunioni di Chiese. La sezione dedicata ai «Documenti del dialogo teologico» (67-81) opera una drastica selezione e illustra, contestualizzandoli nella loro genesi e ricezione, la Dichiarazione congiunta del 1999 sulla “giustificazione”, il documento dell’ARCIC sulla Vergine, Mary: Grace and Hope (2004), il testo di Ravenna su primato e comunione della Commissione mista cattolico-ortodossa (2007) e, stranamente in coda, la “Concordia di Leunberg” (1973). Il cap. 5 «Documenti delle Chiese» considera quattro documenti della Chiesa cattolica: la Unitatis redintegratio (1964) con il Direttorio per l’ecumenismo (1993) e poi l’enciclica Ut unim sint (1995) e il recente vademecum ecumenico “Il vescovo e l’unità dei cristiani” (2020). A seguire, i Documenti degli organismi ecumenici: si trattano qui, con la loro rispettiva ricezione, due testi della commissione Faith & Order: la celebre pietra miliare BEM (Battesimo Eucaristia Ministero) (1982) e “La Chiesa: verso una visione comune” (2013); la Charta oecumenica (2001) del Consiglio delle Chiese europee con il Consiglio delle Conferenze episcopali europee e si richiama pure l’accordo tra Chiesa cattolica e l’Alleanza Biblica Universale sui Principi per la collaborazione interconfessionale nella traduzione della Bibbia (1968) poi aggiornati nel 2005. Il cap. 7 si sofferma sui documenti ecumenici italiani: quello della CEI su “La formazione ecumenica nella Chiesa particolare” (1990); i vari testi circa i matrimoni misti (dal 1997 al 2009); il Vademecum per la pastorale verso gli Orientali non cattolici (2010) e, contestualmente con l’anniversario luteranno summenzionato, il messaggio CEI “Riconciliarsi per annunciare il vangelo” (2017). Un capitoletto a parte menziona pure il “Calendario ecumenico”, ossia le varie iniziative prese dal punto di vista ecumenico per commemorare, pregare o celebrare insieme alcune cose: dalla settimana per l’unità (18-25 gennaio), alla giornata per il Creato (1° settembre), il giorno di preghiera delle donne (primo venerdì di marzo), il 31 ottobre come giorno della Riforma ecc. Il cap. 9 è rivolto al dialogo ebraico-cristiano (definito giustamente “una delle più straordinarie novità del XX secolo”, 137). Vi si descrive il cammino che ha portato ormai al pacifico riconoscimento delle perenni e vitali radici ebraiche della nostra fede; si evidenza lo sforzo di mutua conoscenza caldeggiato anche dalla Nostra aetate del Vaticano II e l’istituzione del 17 gennaio come giornata nazionale per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico. Chiude il volume “Una finestra sull’Italia” in cui l’A. sintetizza un suo precedente libro sulla storia ecumenica propria della nostra Penisola, dal 1861 ad oggi. Doveroso qui il richiamo a personalità come don Calabria (in dialogo con C.S. Lewis), il pastore Valdo Vinay, p. Romano Scalfi (“Russia cristiana”). Decisiva la svolta del papato roncalliano e del Concilio.

Organismi come il SAE (Segretariato Attività Ecumeniche), la comunità di Bose (fondata da E. Bianchi) con l’editrice Qiqajon e Sant’Egidio (iniziata da A. Riccardi) e i dialoghi sempre più intensi (animati da personalità come A. Ablondi, G. Agresti, C. Riva, C.M. Martini, B. Forte e P. Coda), gli istituti S. Nicola di Bari, S. Bernardino di Venezia e Sophia di Loppiano (Chiara Lubich e il movimento dei Focolari) denotano la vitalità dell’ecumenismo italiano. Frutti concreti sono la traduzione interconfessionale della Bibbia (1985), l’accordo sui matrimoni misti con i valdesi-metodisti, la giornata di Assisi il 27 ottobre 986. Le conclusioni (“Alla scoperta dell’unità”) ricordano il processo forse inatteso e ormai irreversibile che ha portato alla svolta ecumenica del XX secolo, il ruolo della Conferenza Cattolica per le questioni ecumeniche del 1952 a Friburgo, il Global Christian Forum, il ruolo dell’enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI (1964) per la diffusione di uno spirito dialogico al fine di raggiungere quella inderogabile “Rivoluzione ecumenica” indispensabile alle Chiese e al mondo stesso. Sia lecito, forse anche in vista di un’altra edizione, osservare quanto segue. Forse per il suo stesso carattere introduttivo, il libro manca, a fine volume, di bibliografia e di indice onomastico (notiamo tra i refusi: Journet non era “domenicano” [140]; non Morcelliana ma Brescia [146, n.136]; De Benedetti non è morto nel 1916 ma 2016 [147]). Dal punto di vista della struttura, per ordine sia cronologico che logico, sarebbe meglio invertire la sequenza dei capp. 4 e 5: far precedere, cioè, i “Documenti delle Chiese” (UR, UUS, etc.) a quelli del dialogo teologico. Sul piano contenutistico crediamo che, anche a fini pedagogici, tra le “figure” cattoliche andrebbero posti i vari pontefici dal Vaticano II in poi, tutti nuovamente consapevoli del loro primario compito di “vescovi di Roma” e servitori dell’unità. In merito agli ostacoli all’unità, per amor di verità, non andrebbero sottaciute alcune autentiche ferite inferte all’ecumenismo a cavallo tra XX sec e XXI sec. Pensiamo ad esempio alla decisione da parte di comunità anglicane di procedere all’ordinazione sacerdotale femminile; inconsapevole, ma reale preludio all’ordinazione di ministri gay e alla benedizione del cosiddetto “matrimonio” omosessuale. In chiave prospettica e di sfida per il futuro, risulta ancora disattesa e andrebbe invece incoraggiata – anche per contrastare lo scandalo della divisione, – un’audace collaborazione tra cristiani nella proclamazione del kerygma. Questo era previsto dalla Charta oecumenica (II, 2) ed è balenato, in un libro affine a quello di Burigana, come il sogno di «annunciare assieme l’unico Vangelo di Gesù Cristo» (cf. E. Scognamiglio – L. Antinucci, Il sogno dell’unità, Torino 2018, 259). Inoltre, in un mondo sempre più scristianizzato, siamo convinti che bisognerà considerare come irrinunciabile pre-condizione ecumenica il necessario (e quanto più condiviso) recupero dell’antica prassi dell’iniziazione cristiana. È ahimè chiaro che la crisi endemica di tutte le Chiese sta nella generalmente fallimentare capacità di suscitare fede adulta. Solo una reale, esistenziale e profonda conversio battesimale a Cristo renderà possibile un vero ricongiungimento tra fedeli generati alla fede in diverse confessioni cristiane. Il problema, sovente non menzionato, è che spesso cattolici, luterani, anglicani, ortodossi sono poco “cristiani” e che quindi la divisione non avviene tanto tra cristiani, quanto tra fedeli, di fatto, poco “cristi-ficati”. In merito, non si può sottovalutare l’influsso negativo sulla storia dell’Occidente della scomparsa del catecumenato nei secc. VII/VIII. Scandali, scismi e motivi di Riforma sono impensabili senza questo evento, associato al diffondersi di un cristianesimo di massa propagato da forme ierocratiche di cristianesimo. Detto ciò, siamo riconoscenti all’A. per questo libro che potrà ben giovare a tanti fedeli come strumento di avviamento all’ecumenismo o come semplice fonte per una globale informazione.

 

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